TERAPIE COMPLEMENTARI TRA EVIDENZE SCIENTIFICHE E CENTRALITÀ DELLA PERSONA

Il 10 luglio si è svolto il webinar “L’evidence‑based delle terapie complementari nella sanità e nella ricerca”, organizzato dal Gruppo di Lavoro Patient Partnership (PP) di SIMeF. Questo appuntamento si è idealmente inserito nella scia del precedente incontro del 2 luglio 2024, denominato “L’emozione che cura”, ed ha offerto un momento prezioso di riflessione e di confronto tra professionisti sanitari, rappresentanti delle istituzioni e ricercatori del settore.

Con il precedente webinar il Gruppo di Lavoro PP aveva iniziato ad esplorare l’integrazione delle terapie complementari nella cura (medicina narrativa, arteterapia, cineterapia, danzaterapia), evidenziandone il contributo all’esperienza emotiva del paziente, alla qualità di vita ed all’umanizzazione delle cure. Diverse esperienze regionali avevano, inoltre, dimostrato l’efficacia e la crescente adozione nella Sanità Pubblica.

L’attuale evento ha ruotato intorno al medesimo obiettivo centrale: riaffermare la persona come fulcro della cura, valorizzando in modo integrato il vissuto individuale, le emozioni, le storie personali ed il contesto relazionale. Le testimonianze dirette sulle terapie complementari – tra ippoterapia, medicina narrativa, velaterapia ed altri approcci – hanno messo in luce un’evidente trasformazione in atto, fondata su un’interazione sinergica fra ricerca scientifica, pratica clinica e dimensione soggettiva del paziente. Dall’analisi congiunta dei due webinar emerge un panorama in progressiva evoluzione che, basandosi sulla centralità della persona, integra gli approcci complementari alla medicina convenzionale.

La progressiva integrazione di terapie complementari nella Sanità Pubblica richiede delle evidenze misurabili e dei criteri di accreditamento; durante l’incontro tali aspetti sono stati dettagliati tramite degli esempi applicativi. È stato sottolineato come, in affiancamento alle terapie convenzionali, queste metodologie possano contribuire al benessere psico‑fisico e agli outcome clinici, con ricadute positive sulla qualità di vita e sulla percezione del percorso terapeutico da parte di pazienti ed operatori.

Dopo il benvenuto del Gruppo di Lavoro PP da parte di Laura Patrucco, la prima parte del webinar, “Esperienze a confronto: l’evidence‑based nelle terapie complementari”, è stata moderata dalle colleghe Cinzia Dorigo ed Ines Tedeschi.

Ippoterapia: il cavallo come alleato terapeutico

Nel primo blocco dell’incontro, la Dott.ssa Alice Passarini – neuropsichiatra infantile e psicoterapeuta presso l’Azienda Ospedaliera Niguarda Ca’ Granda di Milano – ha presentato un quadro approfondito dell’ippoterapia. Questa disciplina, che rientra nella più ampia cornice della pet therapy, ha delle radici antiche con riferimenti storici che vanno da Ippocrate ai medici europei del XVII secolo. In tempi più recenti si riafferma negli anni ’80 ed è rivolta sia a bambini con deficit intellettivi o motori, sia ad adulti affetti da patologie neurologiche o psichiatriche.

I benefici riscontrati sono molteplici e si articolano in domini motori, cognitivi ed emotivi. Dal punto di vista fisico, il movimento ritmico del cavallo trasferisce al bacino del paziente un pattern tridimensionale simile alla deambulazione e stimola il sistema neuro‑motorio, favorendo il miglioramento della postura, della coordinazione, della tonicità muscolare e della percezione corporea. Sul piano relazionale, l’interazione non verbale e l’empatia con l’animale si rivela potenzialmente trasformativa, specie nei pazienti con disturbi dello spettro autistico o condizioni schizofreniche, portando ad una significativa riduzione del senso di isolamento, dell’irritabilità e delle difficoltà nei rapporti interpersonali. Sono in corso studi, seppur con risultati ancora preliminari, che riportano riscontri positivi anche in pazienti con esiti di ictus o con sclerosi multipla.

La figura del cavallo funge da catalizzatore emotivo e relazionale, rappresentando un ponte verso delle modalità comunicative alternative, capaci di andare oltre le barriere verbali. L’ippoterapia, inoltre, è regolamentata in Italia fin dal 2015 tramite delle specifiche linee guida nazionali sugli Interventi Assistiti con Animali (IAA) ed, in Lombardia – grazie a un riconoscimento da parte del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) – viene erogata anche in strutture ospedaliere. Il Centro “Vittorio di Capua” dell’Ospedale Niguarda costituisce un esempio storico e di eccellenza, integrando in modo sistematico questo approccio nel percorso riabilitativo complessivo, con una presa in carico multidisciplinare e tramite un progetto riabilitativo individuale in associazione alle terapie tradizionali.

 

Velaterapia: navigare verso il recupero fisico e psicologico

Il secondo intervento è stato curato dal Prof. Luca Sangiorgi, Direttore della SC Malattie Rare Scheletriche presso l’IRCCS Rizzoli di Bologna, che ha illustrato il progetto dedicato alla velaterapia, destinato ai pazienti affetti da malattie rare scheletriche, spesso caratterizzate da significative limitazioni fisiche e da isolamento sociale.

L’attività velica – pratica sportiva e terapeutica insieme – ha dimostrato degli effetti rilevanti a diversi livelli: miglioramento della postura, incremento dell’equilibrio, riduzione della chinesiofobia (paura del movimento) e miglioramento della qualità di vita. Dopo l’iniziale esperienza con il progetto “Nave Italia”, con il coinvolgimento della Marina Militare, si è realizzato il progetto “Pronti a Salpare”: uno studio longitudinale di fattibilità che ha utilizzato sensori di movimento e Patient‑Reported Outcome Measures (PROMs) per quantificare l’efficacia dell’intervento, raccogliendo dei dati che hanno confermato un impatto positivo sui pazienti coinvolti.

La fase successiva, “Pronti a Salpare 2”, all’interno del più ampio “Velando”, prevede una sperimentazione comparativa: un gruppo trattato con velaterapia giornaliera per 4 giorni abbinata a teleriabilitazione, un secondo gruppo trattato con velaterapia in crociera per 4 giorni più teleriabilitazione ed un terzo gruppo con solo protocollo di teleriabilitazione. L’obiettivo è valutare e confrontare, a 12 mesi, gli outcome clinici, motori e psicologici, integrando dei sensori intelligenti e delle tecnologie di realtà virtuale; le sessioni in barca rappresentano il fulcro di un percorso riabilitativo che prosegue a terra con attività analoghe.

 

Medicina narrativa: ascolto e scrittura per una cura partecipativa

 

La Dott.ssa Amalia Egle Gentile – ricercatrice presso l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), Centro Nazionale per le Malattie Rare, Responsabile del Laboratorio di Health Humanities – ha incentrato il suo intervento sull’evidence‑based della medicina narrativa. L’ISS, nell’ambito della tutela della Salute Pubblica, ha sviluppato un approccio integrato tra le evidenze scientifiche, la pratica clinica e le preferenze dei pazienti, aprendo alla valutazione anche delle terapie complementari.

In particolare, la medicina narrativa è definita come metodologia clinico‑assistenziale fondata su delle specifiche competenze comunicative. Le Health Humanities (HH), di cui la medicina narrativa fa parte, rappresentano un ponte tra scienze ed arti con l’obiettivo di promuovere la salute e l’umanizzazione della cura. Nel 2015 l’ISS ha elaborato delle Linee Guida in materia e nel 2025 la Direttiva Zangrillo ne ha ribadito la centralità nei percorsi formativi sanitari. L’ISS ha recentemente attivato anche dei corsi per formatori nelle aziende sanitarie, finalizzati a trasferire queste competenze nei contesti clinici.

La medicina narrativa mira ad integrare le storie individuali delle persone nel percorso clinico, dando valore alle competenze comunicative e promuovendo un ascolto attivo ed autentico. I percorsi formativi per gli operatori sanitari mirano a facilitare una cura realmente personalizzata, capace di prendere in considerazione i determinanti sociali della salute, come definito dalle Linee Guida OMS di salute inclusiva ed equità.

 

 

 

Il modello toscano d’integrazione delle medicine non convenzionali

 

Ha concluso i lavori della prima parte del webinar il Dott. Elio Rossi – Direttore del Centro Regionale di Medicina Integrata, Regione Toscana –, illustrando il percorso pionieristico ventennale della sua regione nell’integrazione delle terapie complementari. Già nel Piano Sanitario Regionale 1996–1998 si faceva riferimento alle Medicine non Convenzionali (MnC); dal 1999 in poi sono stati promossi censimenti, eventi scientifici e sperimentazioni in ambito ospedaliero.

Il percorso ha portato ad importanti traguardi: dal 2005 l’agopuntura, l’omeopatia e la fitoterapia vengono erogate in ambulatori pubblici con accesso tramite pagamento del ticket, in quanto inserite nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) regionali per il trattamento della menopausa. Delle Linee Guida analoghe sono attese per il trattamento del dolore cronico. In Toscana, esistono attualmente 82 ambulatori pubblici dedicati alla medicina complementare, con circa 39.000 visite annue erogate nel 2024.

Nel 2024 l’agopuntura è stata inserita nei LEA nazionali. Particolare attenzione è stata dedicata all’oncologia integrata, con 19 ambulatori regionali ed un recente sondaggio condotto su 176 operatori tra oncologi, infermieri e personale OSS, ha fatto emergere l’elevata utilità percepita di questi servizi da parte dei professionisti sanitari.

Il 61,9% dei professionisti valuta il servizio di oncologia integrata utile/molto utile; il 40,3% dichiara di consigliare spesso/molto spesso tali servizi ai propri pazienti, confermando l’interesse e la valenza scientifica attribuiti a questo approccio.

 

Tavola rotonda: advocacy e prospettive normative

 

A conclusione dell’incontro è stata organizzata una tavola rotonda su “Opportunità future: quale advocacy perseguire?”, moderata da Laura Patrucco. I relatori hanno sottolineato la necessità di un coinvolgimento sempre più strutturato delle istituzioni, per sostenere delle politiche sanitarie inclusive allineate alle esigenze emergenti, con maggiore attenzione alle terapie di relazione.

La Dott.ssa Passarini ha evidenziato i progressi nelle Linee Guida nazionali per la pet therapy, già presenti dal 2015, e la necessità di far rientrare queste terapie a carico del SSN.

Il Prof. Sangiorgi ha rimarcato l’importanza delle collaborazioni con i soggetti non istituzionali, come la Federazione Italiana Vela e la Lega Navale, per ampliare l’accessibilità della velaterapia, come dimostrato dall’interesse dei piccoli pazienti e delle loro famiglie anche al termine del percorso proposto.

La Dott.ssa Gentile ha ribadito l’importanza di integrare le terapie tradizionali con quelle preferite dai pazienti, mirando ad una cura personalizzata ed inclusiva.

Il Dott. Rossi ha posto l’accento sull’accessibilità e sulla formazione degli operatori, sottolineando la necessità che anche le figure tecniche dispongano di competenze sanitarie adeguate e specifiche.

Tutti gli interlocutori hanno concordato su due pilastri fondamentali: la formazione e la sicurezza degli interventi. È emersa, infine, una visione comune della salute come condizione complessa e integrata, fatta di dimensioni fisiche, psichiche, mentali e spirituali, da affrontare con approcci multidisciplinari e umanizzati.

 

Conclusioni

 

Il webinar ha evidenziato una visione univoca tra tutti gli interlocutori coinvolti: la cura non può prescindere da un approccio che integri competenze, emozioni, relazioni e partecipazione attiva del paziente. È emersa con chiarezza la passione dei professionisti impegnati, la centralità della relazione terapeutica e la consapevolezza che la salute vada considerata come un equilibrio dinamico tra corpo, mente, affetti e contesto sociale.

La formazione degli operatori e la sicurezza per i pazienti costituiscono la base di ogni esperienza con le terapie complementari.

Un messaggio chiaro e forte ha chiuso la sessione: la salute è una condizione complessa e composita, fatta di dimensioni fisiche, psichiche, mentali e spirituali, e che va affrontata con approcci multidisciplinari ed umanizzati. È indispensabile ascoltare ogni persona nella sua interezza e progettare gli interventi in modo che integrino efficacemente scienza, umanità ed innovazione.

La prospettiva di “Sanità Sociale” – intesa come approccio che considera, oltre agli aspetti clinici e biologici della malattia, anche quelli psicologici, relazionali, culturali ed ambientali – valorizza la persona e promuove il suo benessere globale; pertanto delle politiche sanitarie sempre più inclusive, avallate e supportate dagli specialisti del settore, devono essere considerate prioritarie per garantire la piena centralità della persona‑paziente.

In conclusione, se ogni persona è un universo di emozioni, storie e bisogni, riusciremo davvero a costruire una sanità che l’accolga nella sua interezza? Il futuro della cura dipenderà dalla nostra capacità di ascoltare profondamente, di unire, come detto, scienza ed umanità, e di progettare degli interventi che non curino solo la malattia, ma valorizzino la persona nella sua complessità.

Gruppo di Lavoro Patient Partnership

Cinzia Dorigo

Francesca Farma

Helen Lucchetti

Laura Patrucco

Ines Tedeschi

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