Comitati etici: una ricchezza

Dott. Marco Romano

Intervista alla Dr. ssa Elisabetta Riva

NCF • marzo 2009

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Con il compito di rispondere alle attese dei cittadini di fronte all’avanzata vertiginosa della scienza, a quelle dei ricercatori, soli di fronte alle conseguenze del proprio operato, e a quelle dei pubblici poteri che hanno bisogno di pareri e di consigli, i comitati di etica sono uno strumento sempre più ineludibile. Elisabetta Riva, ci aiuta a capire com’è strutturato e come lavora un comitato etico

Intervista alla Dr. ssa Elisabetta Riva

Dottoressa Riva, cosa si intende per comitato etico?

Secondo la definizione riportata nel D.Lgs. 24/06/2004 n° 211, il comitato etico per le sperimentazioni cliniche dei medicinali è un organismo indipendente che ha la responsabilità di garantire la tutela dei diritti, della sicurezza e del benessere dei soggetti in sperimentazione e di fornire pubblica garanzia di tale tutela. Pertanto, il ruolo del comitato etico è quello di salvaguardare il benessere dei soggetti che partecipano a uno studio clinico, valutando i protocolli di ricerca e seguendo nel tempo il decorso delle sperimentazioni, per dare pubblica garanzia che gli studi siano corretti scientificamente e salvaguardino i pazienti. Il comitato etico, secondo il decreto 12/05/2006, può inoltre “svolgere una funzione consultiva in relazione a questioni etiche connesse con le attività scientifiche e assistenziali, allo scopo di proteggere e promuovere i valori della persona umana”. Infine può proporre iniziative di formazione degli operatori sanitari in materia di bioetica.

Quali strutture ospitano e vedono operare i comitati etici e perché?

I comitati etici sono presenti nelle strutture che svolgono sperimentazione clinica, quali ospedali, IRCCS ecc. Possono essere presenti nella singola struttura, oppure essere a carattere regionale (come in Umbria) o provinciale (come in Veneto) o a livello di ASL, dove possono afferire anche protocolli proposti a case di cura private accreditate alla sperimentazione clinica. Il decentramento dei comitati etici nelle strutture locali ha lo scopo di individuare le migliori realtà per le sperimentazioni, secondo le risorse e le competenze degli operatori e l’adeguatezza delle strutture necessarie allo studio. Dall’osservatorio del Ministero della Salute risultano operanti circa 270 comitati etici.

Quali persone e professionalità sono richieste per la composizione di un comitato etico? Chi è responsabile della loro nomina?

Nel DM 12/05/2006 sono indicate le figure professionali che devono essere presenti in un comitato etico. Si tratta di due clinici, un medico di medicina generale e/o un pediatra, un biostatistico, un farmacologo, un farmacista, un direttore sanitario, un direttore scientifico (negli IRCCS) un esperto in materia giuridica assicurativa o un medico legale, un esperto di bioetica, un rappresentante del settore infermieristico, un rappresentante del volontariato per l’assistenza. Queste sono le professioni o competenze obbligatorie, ma possono essercene altri aggiuntivi; possono essere anche convocati per consulenza esperti esterni con esperienza su specifiche aree. I componenti del comitato etico sono nominati dall’organo di amministrazione. Il presidente viene nominato secondo le procedure e le modalità prevista dal regolamento di ogni comitato. I componenti restano in carica tre anni e il loro mandato non può essere rinnovato più di una volta, eccezion fatta per i componenti ex-ufficio.

Come è strutturato (uffi ci, segreteria scientifica ecc.) e come operativamente lavora un comitato etico?

Il comitato etico deve dotarsi di un ufficio di segreteria tecnico-scientifica qualificata, le cui incombenze sono riportate nel relativo regolamento. Essa ha il compito di verificare che la documentazione relativa a ciascun protocollo di ricerca clinica sia formalmente in linea con quanto previsto dalle normative vigenti, prepara, insieme con il presidente del comitato etico, l’ordine del giorno della seduta del comitato etico, l’attribuzione dei relatori degli studi, redige il verbale di seduta e i relativi pareri, fornisce ai membri del comitato etico l’appropriata documentazione già predisposta per una accurata valutazione di merito, mantiene i rapporti con il Ministero e assicura il collegamento con l’Osservatorio ministeriale, e infi ne risponde alle richieste regionali. Il comitato etico si riunisce regolarmente, solitamente una/due volte al mese, per poter rispettare i tempi di risposta richiesti dalla normativa.

Cosa si intende per indipendenza decisionale di un comitato etico? E soprattutto verso chi?

Signifi ca che le decisioni del comitato etico devono prescindere da eventuali interessi della struttura nella quale si svolgono le sperimentazioni, o dai Proponenti, ma essere rivolte esclusivamente alle fi nalità istituzionali del comitato etico. L’indipendenza viene garantita dalla mancanza di subordinazione gerarchica del comitato etico nei confronti della struttura nel quale opera, dalla presenza, almeno al 50% (IRCCS: 30%) di personale non dipendente, dall’assenza di conflitti di interesse dei votanti rispetto alla sperimentazione proposta e da eventuali norme ad hoc.

Può una sperimentazione avere inizio prima dell’espressione del parere del comitato etico? E quali sono i parametri su cui si basa la valutazione del comitato etico nei confronti di una sperimentazione?

Nessuna sperimentazione sull’uomo può avere inizio senza l’approvazione del comitato etico e l’autorizzazione dell’Autorità competente. Tale Autorità risulta essere l’Istituto Superiore di Sanità per gli studi di fase 1, l’Agenzia italiana del farmaco per gli studi di terapia cellulare somatica, terapia genica ecc, e il Direttore generale della struttura nella quale si svolge lo studio in tutti gli altri casi. Sono previste sanzioni e la non utilizzazione dei dati a fini registrativi in caso di inadempienza.

Nel caso di sperimentazioni multicentriche, quali sono i ruoli e le relazioni intercorrenti fra i vari comitati etici coinvolti nella sperimentazione?

Nelle sperimentazioni multicentriche il promotore identifica il centro coordinatore, il cui comitato etico è tenuto al rilascio del parere unico (favorevole o no)valevole in tutta Italia; i comitati etici dei centri satelliti possono accettare o meno, ma non possono raccomandare modifiche al protocollo salvo che al foglio informativo e modulo di consenso informato per il paziente. Il DM 211 prevede che i comitato etici dei centri satelliti possano inviare osservazioni sul protocollo al comitato etico del centro coordinatore prima che questo esprima il proprio parere; tale procedura è però al momento poco in uso.

Cosa vede nel futuro e cosa si auspica?

Molte sperimentazioni cliniche emigrano verso paesi emergenti, per diverse ragioni: per numerosità di pazienti, per necessità di farmaci che permettono un rapido arruolamento, per costi minori e talvolta per regolamenti meno stringenti; ma anche per casi di eccellenza organizzativa e medica. L’auspicio è che non venga ridotta in Italia questa essenziale opportunità di studio e di sperimentazione. A questo scopo è necessario snellire i processi burocratici senza reale valore aggiunto. Anche un processo di standardizzazione (per esempio dei contratti) favorirebbe questo risultato. A sua volta l’Agenzia del Farmaco ha più volte auspicato un aumento dell’impegno in ricerca e in investimenti in Italia da parte delle Aziende Farmaceutiche operanti nel nostro Paese. Relativamente agli studi indipendenti sarà necessario uno sforzo organizzativo per dotare gli istituti maggiormente coinvolti in questa disciplina di strutture organizzative che permettano l’esecuzione degli studi secondo le norme di buona pratica clinica. Vorrei chiudere questa intervista riportando la definizione di Comitato Etico dalla prefazione di Antonio Panti al libro “Bioetica e Antropologia Medica” a cura di Sandro Spinsanti: “Il Comitato di Etica – dice Mitterrand (il primo al mondo a volerne la costituzione, n.d.r.) – deve rispondere all’attesa dei cittadini di fronte all’avanzata vertiginosa della scienza; a quella dei ricercatori soli di fronte alle conseguenze del proprio operato; a quella dei pubblici poteri che hanno bisogno di pareri e di consigli. I Comitati di Etica saranno uno strumento sempre più ineludibile nel futuro: sia per valutare gli aspetti etici delle decisioni sui singoli casi, sia per esprimere pareri su decisioni sociali o politiche, sull’uso delle risorse, sulla selezione dei pazienti rispetto a tecniche limitatamente disponibili; sia per validare le sperimentazioni sull’uomo sia infi ne per offrire consulenza a chi deve prendere decisioni difficili”.

Il personaggio

Laureata in Medicina e Chirurgia, specializzata in Endocrinologia e Patologia Costituzionale e successivamente in Farmacologia Clinica, presso l’Università degli Studi di Milano, Elisabetta Riva ha compiuto la propria esperienza lavorativa nella Direzione Medica di importanti industrie farmaceutiche internazionali quali: SK&F – divenuta successivamente SKBeecham e GlaxoSKline – per circa 15 anni, occupandosi della progettazione e realizzazione degli studi clinici di fase 2-3 e 4 in qualità di Direttore della Ricerca Clinica. Dal marzo 2001 presta la propria attività presso l’Ospedale San Raffaele (IRCCS) di Milano, quale Responsabile dell’Uffi cio Ricerche Cliniche per la preparazione e revisione della documentazione tecnico-scientifi ca relativa ai protocolli di ricerca clinica da sottoporre al parere del Comitato Etico dell’Istituzione.

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