Un settore dalle grandi Potenzialità

Dott. Marco Romano

Intervista alla Dr.ssa Valsecchi

NCF • febbraio 2009

 

Avvalendoci dell’esperienza della dottoressa Valsecchi - project manager di livello senior in PQE-Pharma Quality Europe, dove attualmente ricopre il ruolo di governance manager dell’unità Clinical Quality Solution per la gestione degli studi clinici nel settore farmaceutico e dispositivi medici – ci siamo addentrati nel mondo dei medical device.

Intervista al Dr.ssa Valsecchi

Dottoressa Valsecchi, cosa si intende per dispositivo medico?

I dispositivi medici comprendono un’ampia e molto eterogenea gamma di prodotti utilizzati in sanità per fini di prevenzione, diagnosi, terapia e riabilitazione. Tenuto conto delle variazioni delle caratteristiche di ciascuna famiglia di dispositivi, si può stimare che esistano sul mercato 400.000 diverse tipologie di dispositivi medici. In base alla direttiva europea 93/42 CEE del 14 giugno 1993 (recepita in Italia dal del Decreto legislativo 24 febbraio 1997, n 46), si definisce dispositivo medico qualsiasi strumento, apparecchio, impianto, sostanza o altro prodotto, utilizzato da solo o in combinazione compreso il software informatico impiegato per il corretto funzionamento, e destinato dal fabbricante a essere impiegato nell’uomo a scopo di: •diagnosi, prevenzione, controllo, terapia o attenuazione di una malattia; •diagnosi, controllo, terapia, attenuazione o compensazione di una ferita o di un handicap; •studio, sostituzione o modifica dell’anatomia o di un processo fisiologico; •intervento sul concepimento, la cui azione principale voluta nel o sul corpo umano non sia conseguita con mezzi farmacologici né immunologici né mediante metabolismo, ma la cui funzione possa essere assistita da tali mezzi. La definizione di cui sopra viene modificata dalla recente direttiva europea 2007/47/CE pubblicata il 5 settembre 2007, che aggiunge il software oltre agli strumenti, apparecchi, impianti e sostanze. La nuova direttiva europea in oggetto, recepita dagli Stati Membri entro dicembre 2008, entrerà in vigore a partire da marzo 2010. I dispositivi medici sono raggruppati, in funzione della loro complessità e del potenziale rischio per il paziente, in quattro classi: I, IIa, IIb, III. La classificazione dipende dalla destinazione d’uso indicata dal fabbricante e va attribuita consultando le regole di classificazione riportate nell’Allegato IX del Decreto legislativo 24 febbraio 1997, n 46. La classificazione si attua fondamentalmente tenendo conto dell’invasività del dispositivo, della sua dipendenza da una fonte di energia (dispositivo attivo) e della durata del tempo di contatto con il corpo. I dispositivi non invasivi sono quelli che non penetrano in alcuna parte del corpo, né attraverso un orifizio né attraverso la cute. I dispositivi invasivi sono invece quelli destinati a penetrare anche solo parzialmente nel corpo, tramite un orifizio o una superficie corporea.

Può descrivere il processo che porta alla realizzazione di un dispositivo medico?

In linea generale l’idea per un nuovo un dispositivo medico deriva dall’emergere di un nuovo bisogno, dalla possibilità di rispondere a un’esigenza nota con una nuova soluzione, in virtù, per esempio, della disponibilità di una tecnologia innovativa o del miglioramento di una tecnologia esistente. Il ciclo di vita di un dispositivo medico (figura 1) può essere rappresentato dalle seguenti fasi: 1. Ricerca e Sviluppo • Ideazione e progettazione • Ingegnerizzazione (prototipo) • Fase relativa al meccanismo di azione (Pre-clinica) 2. Indagine clinica 3. Autorizzazione Regolatoria e Processo Produttivo 4. Immissione in commercio 5. Sorveglianza post-marketing È interessante notare come, insieme all’identificazione di nuovi bisogni e agli avanzamenti tecnologici, anche le indagini cliniche rivestano un’importante ruolo nell’innovazione dei dispositivi medici, così come rappresentato dallo schema riportato in figura 2.

Qual è, mediamente, il ciclo di vita di un dispositivo medico sul mercato?

In generale, i dispositivi medici hanno un breve ciclo di vita sul mercato, in quanto il settore è caratterizzato da innovazione permanente, perfezionamenti e progressi basati su nuove tecnologie e materiali. In questo settore, le attività di ricerca e sviluppo tendono a beneficiare degli avanzamenti compiuti sia dalla ricerca medica che in molti settori industriali (per esempio biotecnologie, elettronica, telecomunicazioni). La ricerca si concentra in particolare sull’ingegnerizzazione di prodotto trasformando così le ricadute tecnologiche provenienti dai vari settori in prodotti industriali sempre più specializzati, ove spesso l’integrazioni fra apparecchiatura, materiali d’uso e servizi è talmente forte da dare origine a un sistema dal cui funzionamento ottimizzato deriva una parte importante della qualità di una prestazione sanitaria. La ricerca di materiali sempre più biocompatibili con le caratteristiche fisiologiche dei diversi tessuti umani con cui vengono a contatto è una caratteristica di moltissime famiglie di prodotti e di tecnologie. L’impatto che l’innovazione tecnologica in questo settore ha in termini di maggiore efficacia terapeutica, di migliore qualità di vita, e di risparmi nei costi è in certi casi sorprendente. A questo proposito, si vuol richiamare l’attenzione sul fatto che tra i settori industriali, l’industria dei dispositivi medici è quella che ha il più elevato rapporto tra investimenti in Ricerca e Sviluppo e fatturato.

Dal punto di vista legislativo, come sono normati i medical device? Secondo lei, a tale riguardo, siamo a buon punto o ancora il legislatore deve fare molto, visto e considerato che ci troviamo di fronte a prodotti altamente tecnologici?

I dispositivi medici costituiscono un elemento rilevante della catena della salute che al pari dei farmaci necessitano di una maggiore considerazione relativamente alla normativa. Gli aspetti di qualità e sicurezza sono di importanza fondamentale quando si parla di cura della salute. Per questo motivo, i dispositivi medici sono soggetti a legislazione, regole e norme di assoluto rigore. A livello europeo, il settore dei dispositivi medici è interamente regolamentato da direttive europee il cui duplice obiettivo è di garantire innanzitutto la sicurezza dei prodotti e di favorirne la libera circolazione all’interno dell’Unione europea. In questo contesto sono tre le direttive che interessa richiamare: •Direttiva 93/42/CE (recepita con d.lgs. 24 febbraio 1997, n. 46, poi modificato con d.lgs. 25 febbraio 1998, n. 95) riguardante tutti quei dispositivi medici che non rientrassero nel campo di applicazione delle due direttive riportate di seguito; •Direttiva 90/385/CE (recepita con d.lgs. 14 dicembre 1992, n. 507) riguardante i dispositivi medici impiantabili attivi; Direttiva 98/79/CE (recepita con d.lgs. 7 novembre 2000, n. 332) riguardante i dispositivi medico-diagnostici in vitro. Ciascuna di queste tre direttive, con riferimento ai prodotti a cui si riferisce, si prefigge in sintesi di raggiungere alcuni obiettivi, tra cui: la sicurezza del prodotto, intesa come la minimizzazione dei rischi connessi all’utilizzo dello stesso e comparati al suo possibile beneficio; l’idoneità rispetto alla destinazione d’uso; l’affidabilità delle prestazioni. Mi preme aggiungere che la nuova direttiva europea 2007/47/CE, che entrerà in vigore in marzo 2010, introduce il concetto di efficacia clinica tra gli obiettivi da raggiungere nella progettazione e costruzione di un dispositivo medico. La dimostrazione dell’efficacia clinica passa attraverso la definizione di valutazioni cliniche che si basino su dati e risultati clinicamente rilevanti (dimostrati e dimostrabili). Le direttive attualmente in vigore fissano dei requisiti essenziali che i dispositivi medici devono rispettare per poter essere immessi nel mercato comunitario. I requisiti essenziali non sono altro che le specifiche che definiscono i limiti di sicurezza e il livello di accettabilità di rischio del dispositivo, tenuto conto del beneficio apportato al paziente. Pertanto, i dispositivi medici devono soddisfare i pertinenti requisiti essenziali prescritti in considerazione della rispettiva destinazione d’uso. La marcatura CE, attestando il rispetto del dispositivo alla normativa europea di riferimento, ne garantisce la sicurezza e ne consente la libera circolazione nell’intero territorio della UE. La verifica dei requisiti essenziali per l’applicazione del marchio CE è effettuata dai cosiddetti Organismi Notificati che hanno la facoltà di svolgere le procedure di certificazione. Un elemento chiave è la classifiazione dei dispositivi medici, ovvero l’attribuzione del dispositivo alla classe di appartenenza in funzione delle sue caratteristiche e destinazione d’uso. In tal senso, a livello nazionale, l’approvazione, con decreto ministeriale del 20 febbraio 2007, della Classificazione nazionale dei dispositivi medici (CND) ha messo a disposizione di tutti gli operatori interessati uno strumento che consente di classificare univocamente i numerosissimi tipi di dispositivi in commercio. Sempre a livello nazionale, mi preme ricordare l’avvio del “Repertorio” dei Dispositivi Medici che ha posto le basi per la creazione di una banca dati generale dei dispositivi medici commercializzati in Italia, a cui dovranno essere iscritti tutti i prodotti di questo genere utilizzati nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale. La legislazione dei dispositivi medici ha un profondo impatto anche sul modo di operare non solo dei fabbricanti, ma anche degli utilizzatori e, più in generale, su tutti coloro che intervengono nella gestione dei dispositivi medici. Di conseguenza, l’impatto sulla prestazione erogata e sulla salute del cittadino è enorme. L’applicazione corretta delle direttive può essere ritenuta uno strumento fondamentale per fornire prestazioni sanitarie di qualità in quanto implica una totale revisione non solo dei processi produttivi a carico del fabbricante, ma di tutta la filiera dell’utilizzo del dispositivo medico. A corredo delle direttive europee esistono una serie di norme tecniche che definiscono i requisiti specifici per determinate tipologie di prodotti o tipologie di prove da eseguire sui prodotti. Secondo la direttiva 98/34/CE una norma è una specificazione tecnica approvata da un organismo riconosciuto a svolgere attività normativa per applicazione ripetuta o continua, la cui osservazione non è obbligatoria, e appartiene a una delle seguenti categorie: Norma Internazionale (elaborata dall’ISO o, per il settore elettrico, dall’IEC) Norma Europea (elaborata rispettivamente da CEN o CENELEC) Norma Nazionale (elaborata, in Italia, da UNI o CEI). Un commento a parte meritano le indagini cliniche che sono un elemento essenziale per evitare rischi e verificare la reale efficacia di queste tecnologie avanzate, e sono fondamentali anche per le decisioni di politica sanitaria che devono bilanciare gli investimenti nell’innovazione tecnologia con la necessità di contenere i costi. A livello legislativo, le indagini cliniche sui dispositivi medici sono regolamentate rispettivamente: dall’articolo 14 del D.L.vo 46/97 per tutti i dispositivi tranne gli impiantabili attivi; dall’articolo 7 del D.L.vo 507/92 per i dispositivi impiantabili attivi. In aggiunta, le indagini cliniche con dispositivi medici sono state oggetto di alcune norme tecniche armonizzate: UNI EN 540:1995 “Valutazione clinica dei dispositivi medici per uso umano”; EN ISO 14155-1:2003 “Clinical investigation of medical devices for human subjects – Part 1 General requirements”; UNI EN ISO 14155-2:2004 “Valutazione clinica dei dispositivi medici per soggetti umani – Parte 2 Piani di valutazione clinica”. Recentemente è stata pubblicata per revisione la nuova norma ISO DIS 14155:2008 “Clinical investigation of medical devices for human subjects – Good clinical practices” volta a stabilire regole chiare e precise per una miglior protezione dei pazienti e per una maggiore qualità dei dati ottenuti, per condurre studi validi non solo per l’Europa, ma anche a livello internazionale. Per quanto riguarda il mercato statunitense al quale molte aziende europee guardano con interesse, va detto che tutte le attività relative all’approvazione di nuovi dispositivi medici da immettere sul mercato sono svolte da un’unica Autorità: la U.S. Food & Drug Administration (FDA), attraverso due meccanismi: PMA e 510k application. I requisiti regolatori relativi ai dispositivi medici sono espressi nel “Code of Federal Regulation”, nel quale sono dettagliati i requisiti in termini di sicurezza, prestazioni e qualità dei dispositivi. Come in tutti i settori, la globalizzazione, sta generando un effetto di omogeneizzazione delle norme. In tale contesto, nel 1993 venne fondato il GHTF (Global Harmonization Task Force), costituito da rappresentanti delle autorità regolatorie e dell’industria di Australia, Canada, Giappone, Stati Uniti e Unione Europea. Obiettivo primario della Task Force è quello di promuovere l’armonizzazione degli standard e dei requisiti regolatori relativi alla sicurezza, prestazioni e qualità dei dispositivi medici attraverso la pubblicazione e la diffusione di linee guida armonizzate (www.ghtf.org).

Può dirci quali sono i rapporti tra chi fa sperimentazione clinica con i dispositivi medici e i Comitati Etici? Come dovrebbero essere?

I Comitati Etici sono organismi indipendenti a cui è richiesto di esprimere un parere sulle sperimentazioni cliniche sui farmaci e dispositivi medici, sugli studi osservazionali e su eventuali sperimentazioni che abbiano come obiettivo il miglioramento della pratica clinica. In Italia sono presenti numerosi Comitati Etici a cui fanno riferimento uno o più strutture: ospedaliere, universitarie e ASL. Nel caso dei dispositivi medici il parere del comitato etico e il coinvolgimento del ministero della salute comportano complessità di gestione diversa a seconda della tipologia di indagine clinica: Dispositivo Medico senza marchio CE, Dispositivo Medico con marchio CE, Dispositivo Medico con marchio CE ma con diversa destinazione d’uso. Nel momento in cui il CE si riunisce per valutare i protocolli ed esprimere quindi un parere, il parere viene fornito da una serie di figure professionali diverse che, secondo la normativa vigente, sono rappresentate da clinici, biostatistici, farmacologi, farmacisti, direttori sanitari, esperti in giurisprudenza, esperti in bioetica, infermieri, volontari della sanità. In genere quindi quando un comitato etico ha necessità di analizzare un protocollo su un indagine clinica su un dispositivo medico deve far ricorso a consulenti esperti che non sempre, vista la vastità di dispositivi presenti sul mercato, è facile reperire. Ulteriore elemento da tenere in considerazione è infine la documentazione da fornire al Comitato Etico al fine di ottenere il parere favorevole all’avvio dell’indagine. Nella maggior parte dei casi tale documentazione è carente come spesso constatato dallo stesso Ministero della Salute, anche in presenza di protocolli già approvati. In questo contesto mi preme sottolineare l’importanza di sviluppare conoscenze e competenze nel campo della ricerca sui Dispositivi Medici allo scopo di migliorare sia i disegni degli studi sia la capacità di aderire ai requisiti previsti dalla normative.

Come vede il futuro delle aziende che producono dispositivi medici in Italia?

I dispositivi medici, compreso il segmento dei diagnostici in vitro, stanno assumendo un ruolo sempre più rilevante nell’ambito dei prodotti di interesse sanitario. Le potenzialità del settore sono enormi, grazie alle nuove tecnologie che, applicate a questi prodotti, consentono costanti e fino a poco tempo fa insperati progressi. I dispositivi medici hanno avuto e avranno ancora di più nel prossimo futuro un importante impatto sul mantenimento dello stato di salute dei cittadini, permettendo un aumento dell’efficienza, grazie a migliori diagnosi e a cure più mirate e tempestive e un miglioramento complessivo del sistema sanità, con una sua maggiore efficacia sotto forma di un più vantaggioso servizio ai pazienti.
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