Dott. Giovanni Fiori, cosa si intende per studi osservazionali?
A completamento degli studi clinici tradizionali, che determinano l’efficacy e la safety di un farmaco (ossia
la sua effi cacia e sicurezza in una popolazione spesso assai selezionata, comunque limitata e in condizioni controllate), gli studi osservazionali sul farmaco, recentemente oggetto di una specifi ca Linea Guida di AIFA, sono utilizzati per valutare l’effectiveness di un prodotto, cioè l’effi cacia del trattamento nella pratica clinica reale, quindi su popolazioni
non selezionate, o per identifi care e monitorare l’insorgenza di possibili eventi avversi rari in ampie popolazioni di pazienti (studi di farmacosoreveglianza e di farmacoepidemiologia).
Ma sarebbe tuttavia riduttivo limitare l’utilità degli studi osservazionali a ciò. In realtà, infatti, gli studi osservazionali – che rappresentano lo strumento di lavoro dell’epidemiologo – consentono di valutare non solo outcome clinici ma anche quelli umanistici (per esempio la qualità di vita del paziente e dei caregivers) ed economici (farmacoeconomia ed economia sanitaria) oltre a essere lo strumento di elezione per la rilevazione e l’analisi di dati clinici e sanitari inerenti una patologia o una sua complicanza (fattori di rischio, eziopatogenesi, incidenza, prevalenza, morbilità e mortalità) ma anche per descrivere in termini di appropriatezza la metodologia diagnostica e i trattamenti terapeutici utilizzati routinariamente (appropriatezza delle cure; appropriatezza dei percorsi diagnostici e terapeutici).
Come viene condotto uno studio osservazionale? Chi sono gli attori di tale ricerca?
Qualsiasi studio osservazionale che si svolga all’interno delle strutture del Sistema Sanitario Nazionale (e/o con strutture a esso convenzionate) deve essere sempre notifi cato al Comitato Etico locale ed essere comunque autorizzato dall’Ente ove si svolge lo studio. La conduzione di tali procedure autorizzative è di responsabilità del Promotore dello Studio, ovvero della persona, della società, dell’istituzione oppure dell’organismo che si assume la responsabilità di avviare, gestire e/o finanziare lo studio.
Fondamentale, ovviamente, è partire con la redazione di un Protocollo di Studio ben disegnato e ben documentato. Esattamente come per gli studi clinici randomizzati, devono essere defi niti in modo univoco e coerente: le motivazioni e le ipotesi di ricerca, le fi nalità e le attese dello studio, le procedure di attuazione del progetto, i criteri di analisi statistica e di interpretazione dei risultati. Ciascuno Studio Osservazionale deve seguire un’articolazione in fasi predefinita: disegno del protocollo di studio; disegno degli strumenti di raccolta dei dati; conduzione dell’iter autorizzativo di tutti i centri di ricerca coinvolti; raccolta, cleaning e analisi statistica dei dati; stesura dei report e infi ne le pubblicazioni scientifi che! Il Promotore dello studio può avvalersi della professionalità di CRO (Contract Research Organization) ossia società che forniscono consulenza, strumenti e servizi per il disegno e la conduzione di tali studi. Oggi, in Italia, vi sono molte CRO attive, ma solo poche, pochissime, sono specializzate nel disegno e nella conduzione degli Studi Osservazionali che invece necessitano di competenze ed esperienze assai diverse da quelle necessarie per la conduzione delle ricerche cliniche sperimentali tradizionali.
Perché eseguire uno studio osservazionale?
Gli studi osservazionali sono molto utili per misurare i bisogni di salute della popolazione (epidemiologia descrittiva delle malattie), valutare la qualità delle cure sanitarie (ricerca di esito e valutazione dei processi decisonali sanitari), defi nire le modalità di impiego dei farmaci (farmacoutilizzazione) e in tutte quelle situazioni nelle quali condurre uno studio
randomizzato (sperimentale) risulta impossibile o eticamente improponibile. Sicuramente punti a favore per gli studi osservazionali sono i tempi più contenuti e la possibilità di raccogliere dati su un numero più elevato di pazienti. La ricerca osservazionale è perciò complementare alla ricerca sperimentale nella definizione delle strategie terapeutiche da
adottare nella pratica clinica. È importante sottolineare che la ricerca osservazionale può essere condotta sia prima della ricerca sperimentale (per esempio per descrivere qualitativamente e quantitativamente i bisogni dei pazienti, dei caregiver e degli operatori sanitari e le effettive modalità di gestione della malattia di proprio interesse) sia dopo, come conferma dell’effectiveness dei trattamenti testati in studi sperimentali e per approfondire il rapporto beneficio/rischio dei farmaci.
Quali sono i punti critici contro i quali uno studio osservazionale rischia di impattare e come potrebbero essere risolti?
Per molti anni gli studi osserva zonali sono stati considerati “fratelli minori” della ricerca clinica sperimentale e, talvolta, utilizzati esclusivamente come strumento di marketing delle industrie farmaceutiche anche perché non esisteva nessuna normativa che regolamentasse tali studi. Opinione di molti era che la ricerca osservazionale fosse una ricerca “di classe B” con qualità scadente, protocolli superficiali e dati poco attendibili. Negli ultimi anni, invece, la ricerca clinica osservazionale ha acquisito nel mondo, e più recentemente anche in Italia, sempre più risalto proprio per la sua capacità di completare e arricchire il disegno del profi lo di efficacia e di tollerabilità di un farmaco con “sfumature” che oggi sono divenute fondamentali considerare, alla luce della sempre minor disponibilità di fondi rispetto a una sempre maggiore richiesta di salute da parte della popolazione. Permangono comunque alcuni punti critici: nella normativa attuale che regola la conduzione di tali studi persistono alcune lacune. Le nuove linee guida del Garante sulla Privacy potrebbero introdurre ostacoli estremamente rilevanti per la conduzione di ricerche retrospettive. Ma ciò che a mio avviso è più critico è che a tutt’oggi manca una cultura specifica tra gli operatori italiani del settore (operatori dell’industria e Comitati di Etica in primis), che possiedono invece una ricca cultura e una valida tecnologia per la ricerca farmacologica tradizionale determinata da anni di esperienza nel settore. Quello a cui oggi purtroppo si assiste è quindi la rigida trasposizione degli schemi operativi utilizzati nella ricerca sperimentale alla ricerca osservazionale e spesso anche una pesante burocratizzazione delle attività operative. Questo problema può essere risolto solo attuando una campagna di formazione e sensibilizzazione tra gli operatori del settore, attività questa a cui la SSFA si sta dedicando da tempo e che continuerà a fare anche nei prossimi anni.
Qual è la normativa italiana che regola la conduzione di tali studi?
Il 31 marzo 2008 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la linea guida per la classifi cazione e conduzione degli studi osservazionali sui farmaci promossa da AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco). La linea guida ha importanti meriti: l’istituzione di un Registro Nazionale degli studi osservazionali al fi ne di effettuare analisi descrittive, l’istituzione del parere unico del CE del centro ove opera il coordinatore dello studio; l’introduzione di percorsi autorizzativi differenziati a seconda della tipologia del disegno di studio; la defi nizione di tempi massimi per la valutazione dei protocolli; il chiarimento di vari dubbi, in particolare sulla gestione delle segnalazioni delle reazioni avverse, sulla copertura assicurativa, sulla documentazione da allegare alla notifi ca ai CE. Permangono però anche alcuni elementi di criticità: la limitazione della Linea Guida ai soli studi sui farmaci, che rappresentano una piccola quota degli studi osservazionali condotti nell’ambito del SSN. Inoltre, gli studi osservazionali che prevedono procedure diagnostiche aggiuntive non sono oggetto della linea guida AIFA (che pure ammette come pratica clinica corrente esami ematochimici). Ancora: l’introduzione del meccanismo del silenzio assenso a seguito di semplice notifi ca (per gli studi non prospettici), è una modalità che molti operatori non ritengono perseguibile, auspicando invece, anche in questi casi, una sorta di parere unico che “certifi chi” lo studio, prevedendo poi anche una semplice dichiarazione di presa d’atto da parte degli altri CE.
Che Lei sappia qualche regione si è mossa per dettare delle linee guida per la conduzione degli studi osservazionali?
Nel 2002 il Ministero della Salute emanò una circolare per defi nire, in linea generale, i criteri per la valutazione degli studi osservazionali. Questa circolare ebbe una grande merito, ovvero quello di fare emergere il fenomeno. Tuttavia era estremamente vaga nel fornire la definizione d tali studi e inoltre nella descrizione delle procedure autorizzative. Questo fatto causò una notevole eterogeneità di interpretazioni e di comportamenti tra gli allora otre 350 Comitati di Etica attivi sul territorio nazionale. Non a caso, nel febbraio 2004 la giunta regionale della Toscana considerando la normativa in vigore non sufficiente a consentire un’interpretazione omogenea delle procedure da adottare per l’autorizzazione da parte dei Comitati di Etica per gli studi osservazionali emanò una propria specifi ca Linea Guida. A luglio dello stesso anno anche la regione Lombardia rilevando che sempre un numero maggiore di studi defi niti osservazionali veniva sottoposto ai Comitati di Etica e che questi ultimi incontravano notevoli diffi coltà nel valutare i protocolli di studio approvò una linea guida sugli studi osservazionali al fi ne di consentire una valutazione omogenea dei protocolli relativi agli studi medesimi da parte dei Comitati di Etica operanti nel territorio lombardo. Insomma: emergeva da parte di tutti la necessità di una nuova normativa che completasse e rendesse omogenea a livello nazionale l’interpretazione delle singole realtà locali. Noi di SSFA (Società di Scienze Farmacologiche Applicate) ci siamo rimboccati le maniche: abbiamo dapprima prodotto una Linea Guida Nazionale. Abbiamo poi collaborato strettamente con AIFA fornendo loro le nostre raccomandazioni, molte delle quali (ma vorrei dire – purtroppo – non tutte) oggi sono state accolte e integrate nella nuova Linea Guida. Comunque è un importante passo in avanti.
Mentre nel resto di Europa le cose vanno meglio o anche lì si sta normando tale tipo di studi?
A livello europeo molti Paesi hanno emanato un quadro normativo di riferimento per gli studi osservazionali. Per citarne alcuni: in Germania già dal 1998 è stata redatta la linea guida sugli studi osservazionali in cui vengono enunciati i requisiti che devono avere gli studi per essere defi niti osservazionali, come devono essere formulati e le procedure autorizzative da seguire. In Spagna nel 2002 è stata emanata una circolare che regola i rapporti tra aziende farmaceutiche e gli enti di farmacovigilanza. Nella stessa circolare si defi nisce che gli studi osservazionali post registrativi devono essere condotti secondo quanto stabilito dalle autorità sanitarie (Agenzia Espanola del Medicamento – AEM). A tale scopo le aziende farmaceutiche devono fornire all’AEM tutta la documentazione dello studio. Tuttavia, “Comunità Autonome” possono stabilire requisiti addizionali che devono essere rispettati all’interno del loro territorio. Dato il numero sempre crescente di studi osservazionali, in Svezia nel 2004, è stata emanata una Linea guida allo scopo di definire i requisiti affi nché le aziende farmaceutiche implementassero studi non interventistici, in trasparenza. Sul piano internazionale la Svezia è un Paese avvantaggiato poiché dispone di un registro dei dati epidemiologici. È importante che i medici ricevano un feed-back sui risultati di questi studi, al fi ne di innalzare la qualità nell’uso di medicinali e raggiungere un sempre più effi cace uso delle risorse mediche.
Come vede il futuro in tale settore?
La ricerca osservazionale è una componente prioritaria dell’assistenza sanitaria. Secondo un’indagine condotta nel 2005 presso un numero rappresentativo dei Comitati di Etica (CE), la percentuale di protocolli osservazionali valutati era pari al 22% di tutti quelli a loro inviati. Da ciò si deduce che una quota importante del tempo e delle energie spese dai CE era, e oggi forse lo è ancora di più, dedicata alla valutazione di protocolli osservazionali dato il loro forte impatto sociale. L’occasione da non perdere è quella di ottimizzare le energie e le tante intelligenze del Sistema Sanitario Nazionale e dell’Industria per favorire fortemente una ricerca clinica osservazionale che completi le informazioni raccolte nel corso dei trial clinici con dati su grandi numeri di soggetti valutati nel “mondo reale”. Ma sono solo. Che consenta anche di catalizzare l’energia dei ricercatori dell’industria e del SSN su valutazioni di appropriatezza d’uso delle tecnologie sanitarie nel contesto reale e, più in generale, sull’appropriatezza dei percorsi organizzativi, diagnostici e terapeutici e sugli outcome umanistici (Qualità di Vita dei pazienti) che mai, o spesso solo marginalmente, vengono indagati in un tradizionale contesto sperimentale.