Il progresso nello sviluppo di nuovi farmaci per la prevenzione e la cura delle malattie è ed è stato un imperativo etico per la medicina. Tuttavia esiste il problema di conciliare le necessità dello sviluppo con le esigenze dei pazienti di ricevere cure migliori. Quindi nel corso del tempo si è reso necessario mettere a punto una metodologia adeguata per un corretto sviluppo di nuove sostanze e per la salvaguardia dei pazienti coinvolti nei necessari studi clinici. Da questa esigenza è nata la disciplina della Medicina Farmaceutica. Cercheremo di approfondire e capire in cosa consiste tale disciplina scientifi ca con l’ausilio di Domenico Criscuolo.
Cosa si intende per Medicina Farmaceutica?
“La Medicina Farmaceutica è una disciplina medico scientifi ca che si occupa della scoperta, dello sviluppo, della valutazione, della registrazione, del monitoraggio e degli aspetti medici della promozione dei farmaci, a benefi cio dei pazienti e delle salute pubblica”.
Questa è la defi nizione coniata dalla Faculty of Pharmaceutical Medicine di Londra, e che è accettata in tutto il mondo.
Quando si è iniziato a parlare di Medicina Farmaceutica e perché?
Il grande sviluppo dell’industria farmaceutica si è avuto dagli anni ‘50 in poi, quando è cresciuta la domanda di benessere, e quando i ricercatori dell’industria hanno scoperto i primi grandi farmaci, dagli antibiotici agli antiipertensivi, dagli antitumorali agli antidepressivi. In quegli anni i medici erano di regola solamente consulenti delle aziende, e i requisiti per registrare e poi commercializzare i nuovi farmaci erano molto ridotti. Il grande impulso dato alla ricerca e allo sviluppo di nuovi farmaci hanno a poco a poco suggerito la formazione di Direzioni Mediche, che inizialmente si occupavano degli studi clinici sui nuovi farmaci, e col tempo hanno allargato le loro competenze e responsabilità agli affari regolatori, alla farmacovigilanza, agli aspetti medici della promozione scientifi ca. Infine, a partire dagli anni ‘80, la messa a punto di criteri più rigidi per la pianifi cazione e l’esecuzione dello sviluppo clinico, la globalizzazione dell’industria farmaceutica, e soprattutto la messa a punto delle norme di Buona Pratica Clinica hanno reso sempre più necessaria la presenza nell’industria farmaceutica di professionisti medici che avessero competenze “trasversali”.
Fossero cioè non solo esperti di aree terapeutiche, ma sapessero gestire gruppi di lavoro, avessero interazioni con i Comitati Etici e le Autorità Regolatorie, avessero competenze di management e di gestione del budget. Se si tiene conto di questa importante evoluzione, che si è realizzata in poco più di venti anni, un periodo davvero molto breve nell’ottica della pianifi cazione aziendale, ecco che si può apprezzare il fatto che la professionalità della “Medicina Farmaceutica” si sia andata affermando a partire dagli anni ‘80, e poi si sia sempre più consolidata nei periodi seguenti.
Quali sono i settori interessati da tale disciplina?
La Faculty of Pharmaceutical Medicine di Londra, in collaborazione con una federazione scientifi ca di nome IFAPP (International Federation of Associations of Pharmaceutical Physicians), ha messo a punto un programma di argomenti che forma il curriculum degli studi che viene seguito dalle Scuole di Specializzazione in Medicina Farmaceutica. Si tratta di un corso di studi basato su nove moduli, che sviluppano i seguenti argomenti: Legislazione sui farmaci, Farmacologia clinica, Statistica e gestione dei dati, Sviluppo clinico, Sicurezza dei farmaci, Mercato farmaceutico, Ruolo della Direzione Medica, Scoperta di nuovi farmaci, Terapia medica. Naturalmente ogni modulo è sviluppato in diverse sessioni, al fine di fornire un panorama molto dettagliato.
Come si può notare, il programma si basa su una integrazione fra argomenti scientifici (Farmacologia clinica, Terapia medica), argomenti tecnici (Legislazione, Mercato) e argomenti di management (Direzione medica) proprio al fi ne di creare una competenza “trasversale” necessaria allo specialista in Medicina Farmaceutica. Pertanto lo studente di questa disciplina avrà avuto, nel corso degli studi post-laurea, la possibilità di approfondire tutti i temi legati al mondo della ricerca, dello sviluppo e della commercializzazione dei farmaci: avrà quindi le conoscenze e le competenze per ricoprire il ruolo di Project Leader, di Medical Marketing manager, di esperto di affari regolatori, di addetto alla farmacovigilanza. Tutte funzioni che oggi ritroviamo in una moderna Direzione Medica.
All’interno delle aziende quanto è importante la presenza della direzione medica nella valutazione del rapporto beneficio/rischio relativo a un farmaco coinvolto in uno studio clinico?
Il percorso di un farmaco è molto lungo, pieno di sorprese ma anche di imprevisti: richiede pertanto una costante attenzione.
In pratica, il ruolo della Direzione Medica inizia con la prima somministrazione del farmaco al primo essere umano (che molto spesso è un volontario sano che partecipa al primo studio di Fase I), e continua finché il farmaco è commercializzato. Troppo spesso si presta grande attenzione al percorso che il farmaco deve compiere per arrivare al mercato, mentre poco si parla di quanto sia importante mantenere un farmaco sul mercato, seguendolo con studi sulla sua utilizzazione, studiandone l’utilizzo in associazione con nuovi farmaci introdotti sul mercato in un secondo momento, affrontando il problema molto particolare degli studi clinici in categorie speciali di pazienti (bambini, anziani, pazienti con insuffi cienza renale oppure epatica), e così via. Il rapporto beneficio/rischio di ogni farmaco, da quelli di più recente introduzione sul mercato fino a quelli di uso ormai consolidato, va costantemente monitorato e aggiornato: e i motivi di tale obbligo sono molteplici. Vanno dalle mutate condizioni epidemiologiche delle malattie alle abitudini di vita che cambiano, dalle nuove mode alimentari all’uso sempre più diffuso di integratori alimentari: e anche all’uso, spesso sottovalutato, di preparati di erboristeria e di omeopatia. Insomma, uno scenario in continua evoluzione, in cui il farmaco molto spesso viene prescritto e utilizzato in maniera sostanzialmente diversa nel tempo. Infi ne non bisogna dimenticare che quando un farmaco viene approvato dalle Autorità Sanitarie e arriva al mercato, di regola è stato studiato su poche centinaia di pazienti, e in centri ospedalieri specializzati: poi, nell’arco di pochissimo tempo, ecco che viene prescritto a milioni di pazienti, dal Polo Nord all’Equatore, dall’età pediatrica alla vecchiaia: uno scenario totalmente diverso, che richiede appunto grande attenzione e un monitoraggio costante nel tempo.
A livello internazionale questa disciplina ha ottenuto degli importanti riconoscimenti, quali e dove?
Molti Paesi hanno una cultura farmaceutica più avanzata rispetto all’Italia: i motivi di ciò sono molteplici. Ma alla base di tutto c’è la consapevolezza che il farmaco è un bene sociale, dai grandi contenuti tecnologici, scientifi ci ed etici. Oggi la Medicina Farmaceutica è riconosciuta come specialità medica in Inghilterra, in Irlanda, in Svizzera, e inoltre in Messico e in Argentina.
Questo in pratica signifi ca che in questi Paesi sono attivi dei corsi di specializzazione in Medicina Farmaceutica, e che al termine del corso bisogna sostenere un esame per il conseguimento del diploma di specializzazione. Le aziende farmaceutiche di questi Paesi hanno cominciato ad apprezzare il valore di una formazione specialistica, e cominciano a richiedere il diploma come titolo qualifi cante per le assunzioni di professionisti da avviare alle Direzioni Mediche.
Inoltre giova aggiungere che la Medicina Farmaceutica, come tutte le specialità a contenuto scientifi co, deve essere costantemente aggiornata: ed ecco che in questi Paesi è stato anche avviato un programma obbligatorio di Educazione Continua in Medicina, per garantire un costante e continuo aggiornamento delle conoscenze acquisite nel corso di specializzazione.
In Italia il sistema universitario sembra latitare a riguardo? È vero o è solo una mia impressione? E se è vero può dirci perché?
In Italia avevamo una fl orida industria farmaceutica nazionale, nata dall’intuizione di brillanti cervelli: ed è un onore per la ricerca del nostro Paese sottolineare che due farmaci importantissimi, e presenti nella lista dei farmaci essenziali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, sono stati scoperti in Italia. Si tratta della rifampicina, un antibiotico fondamentale nella terapia della tubercolosi, scoperta nei laboratori Lepetit di Milano, e delle antracicline, potentissimi antitumorali, scoperte nei laboratori Farmitalia di Nerviano: tutto questo accadeva negli anni ‘70 e agli inizi degli anni ‘80. Poi una serie di eventi (la globalizzazione dell’industria farmaceutica, gli scandali noti come “sanitopoli”, il mancato interesse politico per un settore che erroneamente non è stato mai considerato strategico per il Paese) ha fatto sì che la maggior parte di queste industrie sia fi nita in gruppi stranieri. E con l’amaro risultato non solo di avere irrimediabilmente perduto un patrimonio culturale immenso, ma anche di non essere più attori di un mondo in continuo fermento innovativo.
Oggi oltre il 70% dei farmaci venduti in Italia è stato scoperto (e spesso anche studiato) al di là delle Alpi, e proviene da multinazionali straniere. Come conseguenza di questo disinteresse per il “mondo farmaco”, anche le Università hanno mostrato scarso interesse per le attività di formazione legate alle vicende del farmaco. Infi ne, e non da ultimo, la scarsa collaborazione fra le Facoltà legate al mondo farmaceutico (Medicina, Farmacia, CTF e anche la nuova nata Biotecnologia) completano un quadro non particolarmente accattivante. Ma fi nalmente qualcosa si sta muovendo, spesso solo come frutto di iniziative personali. Sono attivi infatti alcuni master sullo Sviluppo dei Farmaci e sulla Farmacovigilanza, che approfondiscono in maniera completa ed esauriente tutte le attività proprie di queste professioni, e forniscono quindi un buon livello di preparazione post-laurea: ma purtroppo in questi corsi la parola “Medicina Farmaceutica”, ormai di uso consolidato in tutto il modo, da noi è ancora un tabù.
Quali sono i possibili scenari nel nostro Paese nei prossimi anni?
L’Italia è sempre stato un mercato importante per l’industria farmaceutica. Da molti anni siamo il quinto mercato mondiale, dopo Stati Uniti, Giappone, Germania e Francia.
Nel prossimo quinquennio siamo però destinati a perdere almeno due o tre posizioni: paesi emergenti e in fase di grande sviluppo come il Brasile, la Cina e l’India, forti di una popolazione che va da circa 120 milioni fi no a oltre un miliardo, stanno compiendo progressi strabilianti in tutti i settori, compreso quindi il settore della salute. Tuttavia, al di là di queste novità, il mercato farmaceutico italiano continua a rappresentare un qualcosa di molto interessante, e in ogni caso destinato a rimanere ancora per molti anni fra le prime dieci posizioni a livello mondiale. Quindi le aziende continueranno a investire in Italia, e soprattutto a investire nello sviluppo clinico dei farmaci. Infatti la ricerca clinica italiana è apprezzata e riconosciuta a livello mondiale, e i recenti progressi nella piena applicazione della “Direttiva Europea sulla Sperimentazione Clinica” sta rendendo più affi dabile e certo il rispetto dei tempi: mentre la qualità degli studi svolti in Italia non è mai stata messa in discussione.
Infi ne recenti iniziative dell’AIFA, che hanno come obiettivo il sostegno della ricerca clinica indipendente, e il sostegno della ricerca clinica industriale di Fase I e II, faranno da catalizzatore per ulteriori investimenti che solo pochi anni fa venivano dirottati all’estero. La previsione è quindi per una ulteriore crescita in un settore che non ha mai conosciuto una vera crisi di sviluppo. Ma per poter cogliere al meglio le opportunità di un mercato così dinamico, bisognerà aver formato professionisti in grado di svolgere con competenza vari ruoli che sono richiesti, dal CRA al Project Manager, dall’esperto di affari regolatori al quality assurance manager. Ed ecco che una associazione scientifica, la SSFA (Società di Scienze Farmacologiche Applicate), che raccoglie gli operatori della ricerca clinica del nostro Paese, si sta attivando per mettere a disposizione di Università le professionalità e le competenze tecnico-scientifi che che possiede al suo interno.
E quindi la previsione è che, con lo stimolo a collaborare fra i vari attori della Sperimentazione Clinica, assisteremo a una affermazione dei corsi post laurea in Medicina Farmaceutica. Perché il mercato richiederà sempre più spesso professionisti già formati, ricchi di un bagaglio culturale acquisito nel corso post laurea, e quindi pronti a entrare immediatamente in una operatività dinamica e competitiva.
E le biotecnologie?
Le biotecnologie rappresentano davvero la novità del panorama farmaceutico italiano.
Dopo anni in cui le opportunità legate alle biotecnologie sembravano non suscitare l’interesse dei ricercatori, ecco che improvvisamente, quasi d’incanto, lo scenario è radicalmente cambiato. Oggi abbiamo in Italia circa 250 aziende di questo tipo, e oltre la metà di queste piccole aziende sono nate negli ultimi cinque anni. Spesso sono concentrate il Parchi Scientifi ci, al fi ne di creare economie di scala con l’utilizzo in comune di strumenti e apparecchi molto costosi: e proprio in queste nuove realtà gli specialisti in Medicina Farmaceutica avranno molte opportunità di sbocco professionale: perché non solo la loro competenza sarà molto apprezzata, ma anche la loro preparazione “trasversale” sarà utilizzata al massimo in un contesto che spesso vede all’opera pochi ricercatori con compiti e responsabilità che abbracciano molte aree.