Dottoressa Marcozzi da quanto tempo è stata introdotta l’IT nel mondo farmaceutico?
Se si considera che per “Information Technology” si intende, in parole semplici, l’uso della tecnologia nella gestione e nel trattamento dell’informazione, si può molto chiaramente percepire quanto l’IT sia un elemento fondamentale per l’istituzione e la manutenzione di qualsiasi organizzazione aziendale, indipendentemente dalle dimensioni. La tecnologia informatica, infatti, consente all’organizzazione di creare, memorizzare, scambiare e utilizzare informazioni o dati in molteplici formati: dati numerici, testuali, immagini, comunicazioni vocali e così via.
Nel mondo farmaceutico, in particolare, l’evoluzione del business ha portato negli ultimi anni a doversi adeguare, per la gestione dei processi e delle attività, a requisiti sempre più complessi e mutevoli. L’elemento IT si è presentato, pertanto, all’organizzazione dell’industria farmaceutica come fattore concorrenziale ed evolutivo necessario per lo sviluppo del business e della performance.
È sorta, quindi, la necessità di introdurre soluzioni tecnologiche flessibili e rapidamente implementabili. Un fattore di successo in un ambiente mutevole come quello del mondo farmaceutico è la capacità delle organizzazioni di adattare i loro processi e di conseguenza la possibilità di introdurre tecnologie facilmente configurabili e gestibili con attento controllo del budget. Inoltre, a proposito di IT nel mondo farmaceutico, va ricordato che le stesse linee guida mettono in evidenza quanto peso venga dato alla tecnologia da parte delle Autorità Regolatorie; se si prende, infatti in considerazione l’Annex 11 alle GMP Europee si legge che è essenziale che vi sia la più stretta collaborazione fra i ruoli chiave del processo produttivo e coloro che si occupano della gestione dei sistemi computerizzati. Se si passa al fronte Regolatorio USA (FDA), vediamo,
anche in tale ambito, quanto lo sviluppo di processi complessi e articolati nel farmaceutico, e la conseguente necessità di implementare controlli immediati ed efficaci della performance, abbia determinato l’introduzione di nuovi approcci e iniziative da parte delle Autorità Regolatorie, quali ad esempio le più recenti PAT “Process Analytical Technology” e il “Risk Based Management”. Da qui deriva la necessità per ciascuna organizzazione di poter disporre di un servizio IT consapevole dei processi e delle loro complessità. Un servizio con forte attenzione al business del mondo farmaceutico e, pertanto, con estese conoscenze GxP e, non ultimo, con notevoli sensibilità per la “qualità”.
Oggi possiamo quindi considerare l’IT come fattore abilitante per incrementare l’efficienza e l’efficacia dei processi?
Da quanto fin qui esposto, è evidente che la risposta non può essere che affermativa. I vantaggi e i benefici che le aziende farmaceutiche possono trarre da una appropriata e intelligente gestione dei sistemi informatici è ormai cosa assodata. Tant’è che quanto più l’automazione – e soprattutto l’integrazione fra i sistemi – è sviluppata in una organizzazione, tanto maggiore è la competitività e il risparmio in risorse economiche. Quanto più un’azienda ha le potenzialità e le capacità di disegnare e integrare architetture tecnologiche nell’ambito dei propri processi, produttivi e non, tanto maggiore sarà il livello di efficacia
ed efficienza dell’organizzazione. Le parole chiave del “business challenge” sono sì efficacia ed efficienza, ma non si deve sottovalutare la flessibilità e la “compliance”, intesa come attenzione alle norme interne all’organizzazione e alle disposizioni normative applicabili per le quali l’azienda farmaceutica, in particolare, è chiamata a rispondere.
Con l’efficienza si può avere incremento della produttività e riduzione dei costi; con l’efficacia si può raggiungere maggiore competitività; con la flessibilità si può avere la capacità di adattarsi a un mercato in evoluzione; con la “compliance” si ha la certezza di poter rimanere sulla “cresta dell’onda”.
Rimanendo sui concetti di efficacia ed efficienza, si può chiaramente percepire quanto in questi ultimi anni l’IT abbia influenzato il mondo farmaceutico. Esempi eclatanti sono l’introduzione di sistemi efficaci per il “Business Process Management” e per il “Knowledge Management”. In particolare, quest’ultimo ha dato la possibilità a molte aziende
farmaceutiche di condividere, all’interno della propria organizzazione, informazioni e “know-how” in modo trasparente e collaborativo, contribuendo così alla creazione e gestione del proprio patrimonio aziendale.
Qual è il ruolo della Sua figura professionale per contribuire al raggiungimento della necessaria flessibilità di un comparto in rapida evoluzione?
Recentemente sono intervenuta, in qualità di “Chairman”, a un Convegno in cui si è trattato di integrazione dell’IT nel mondo farmaceutico.
Un relatore, Direttore IT di uno dei più grandi gruppi farmaceutici italiani, ha cominciato la sua relazione introducendo il concetto di “inibitori della qualità” e affermando che la qualità e la documentazione sono una perdita di tempo, che la qualità e la documentazione uccidono la creatività, che la qualità e la convalida dei sistemi computerizzati non rappresentano un valore aggiunto. In principio, ero ovviamente contrariata dalla posizione del collega, ma continuando ad ascoltare la relazione mi sono resa conto di quanto invece le argomentazioni fossero ragionevoli.
Il collega IT, molto simpaticamente, aveva infatti voluto provocare la platea sul fatto che un approccio alla qualità destrutturato e artigianale”, con una meccanica attenzione alle tante norme di riferimento, a volte anche di difficile e ambigua interpretazione, possa determinare l’involuzione dei processi e ostacolare la competitività.
Bene, nonostante l’impatto negativo iniziale devo ringraziare quel relatore per avermi fatto riflettere ancora una volta sul mio ruolo in azienda. Sono, infatti, sempre più convinta che chi si occupa di assicurazione della qualità in un’azienda farmaceutica deve poter guidare l’organizzazione verso la “compliance”, ma anche verso l’efficienza. In questi ultimi anni di lavoro come responsabile di assicurazione della qualità, nell’ambito di un gruppo molto attivo nella ricerca e sviluppo di farmaci, mi sono resa conto dell’importanza del ruolo per assicurare l’efficienza dei processi. È necessario, quindi, che chi oggi si occupa di qualità debba adottare un approccio alle norme tale da poter raggiungere, nell’ambito della propria organizzazione, un ottimo compromesso fra “compliance” ed efficienza. Si deve quindi innanzitutto pensare ai processi e alla correlazione fra di essi, in modo da poter assicurare la giusta integrazione di tutte le attività. È con tale obiettivo che da anni mi occupo di qualità, con la convinzione che il rispetto delle norme dia effetti positivi anche sull’efficacia e l’efficienza dell’organizzazione. A tal proposito, riporto una intrigante affermazione che ho sentito al Convegno di cui parlavo prima: il sistema di “Quality Assurance” serve ad andare più veloce!
Dalla mia esperienza credo che sia profondamente vero. Infatti, un atteggiamento più manageriale e meno burocratico, contribuisce alla credibilità della posizione in un’azienda attenta, come oggi, al raggiungimento di obiettivi sempre più competitivi nell’ambiente “super regolato e controllato” dell’attuale mondo farmaceutico.
Parliamo, ora, di convalida dei sistemi computerizzati come strumento per il business e per la gestione, come si attua?
Innanzitutto, va detto cos’è. Per rispondere semplicemente, si può dire che il concetto di convalida è naturalmente insito ai nostri processi mentali. Ossia, quando pensiamo ad acquistare un oggetto sappiamo già quali requisiti desideriamo che abbia. Quando lo vediamo esposto nel negozio, automaticamente facciamo riferimento ai requisiti che avevamo in mente e, nel caso volessimo anche avere delle variazioni all’oggetto esposto, chiediamo al negoziante se e come è possibile modificare l’oggetto prima di acquistarlo.
A volte, facciamo anche delle prove in loco per valutarne la funzionalità e, una volta acquistato, lo possiamo anche provare a casa per verificare che le funzionalità siano rimaste invariate rispetto a quelle osservate presso il negoziante. Se a tutto ciò aggiungessimo la necessità di raccontare, per iscritto, a un terzo le azioni svolte, abbiamo spiegato molto semplicemente cos’è la convalida. È quindi con un esempio tratto dalla vita quotidiana che si può facilmente far comprendere, a chi si avvicina all’argomento per la prima volta, il concetto di convalida. La definizione di convalida presentata nelle norme
è, comunque, altrettanto comprensibile.
L’attuale interpretazione si può sintetizzare affermando che la convalida non è altro che l’acquisizione dell’evidenza documentata che un processo o un sistema correlato a un computer funzioni in accordo alle specifiche pre-determinate, in maniera attendibile e consistente durante tutto il suo ciclo di vita. Da questa definizione sono nate le filosofie più curiose. C’è chi allora parla di “convalida formale e non” e crede quindi che la documentazione, “il formale”, sia un plus e c’è chi invece affronta un progetto di convalida includendo nelle fasi di pianificazione anche l’acquisto di intere foreste di alberi.
La dolente nota è che nel mondo farmaceutico nessuno affronterebbe la convalida di un sistema computerizzato o, più ampiamente, di un processo, se ciò non fosse prescritto dalla norma e richiesto dalle autorità regolatorie in fase di ispezione.
L’atteggiamento più intelligente dovrebbe essere invece quello di concepire l’implementazione di un sistema informatico per la gestione dell’informazione o di un processo, come l’introduzione di elementi che necessariamente devono essere mantenuti sotto controllo per raggiungere gli obiettivi di business.
Con la convalida, infatti, possiamo garantire di avere tutti i processi ben controllati e integrati fra loro, conoscendo nel dettaglio tutti gli elementi e mantenendo basso il livello di entropia dei nostri sistemi.
Quando si introducono i sistemi informatici nei nostri processi aziendali occorre, quindi, pianificare tutte quelle attività che concorrono al mantenimento dello stato di equilibrio; la convalida dovrebbe essere, pertanto, concepita come una di esse e non come mero requisito regolatorio da soddisfare.
Ovviamente, per raggiungere quest’obiettivo non si può affrontare una convalida pensando di dover pianificare un test per ogni requisito e non individuando la strategia proporzionata agli obiettivi di business. Con l’introduzione del concetto di “Risk Management” le stesse autorità ci hanno invitato a razionalizzare le risorse e a individuare le strategie innovative in tutti i settori critici, quali, ad esempio, la gestione dei sistemi informativi o la gestione delle informazioni di “safety” dei prodotti farmaceutici.
Oggi non può essere, pertanto, accettabile affrontare una convalida con gli stessi criteri di 10 anni fa. Ad esempio, una valutazione del rischio dovrebbe oggi prevedere non solo l’analisi della criticità del nuovo sistema rispetto alla compliance o alla gestione del processo ma anche l’analisi dell’impatto e degli effetti sul business.
La convalida deve, pertanto, intendersi come strumento di controllo dell’organizzazione e di raggiungimento degli obiettivi.
Vi sono nella legislazione europea delle linee guida a cui far riferimento? Quali?
Come dicevo prima, oggi si tende a convalidare perché richiesto dalle norme vigenti. Nell’ambiente farmaceutico esistono norme sia in ambito produttivo (GMP) sia in ambito di sviluppo (buona pratica clinica e di laboratorio, GCP e GLP); esistono, inoltre, norme specifiche per la gestione automatizzata dei processi produttivi e non (GAMP); esistono norme o linee-guida per le autorità ispettive che devono verificarne la corretta implementazione, nonché l’utilizzo controllato dei sistemi informatici (PIC/S). L’aspetto più critico è che le norme e le linee-guida si vanno sempre più moltiplicando, rendendo ancora più complessa e, direi a volte più confusa, la materia.
Sarebbe quindi, a mio avviso, auspicabile che le autorità regolatorie avviassero un processo di semplificazione e razionalizzazione del corpo normativo applicabile alla gestione dei sistemi informativi così da poter evitare equivoci,
sovrapposizioni o discrepanze fra le richieste e far acquisire, concretamente, del valore aggiunto alle convalide.
Le aziende farmaceutiche italiane a che punto sono con tali implementazioni?
Purtroppo devo dire che se per il settore produttivo e GMP siamo sulla buona strada, per il settore ricerca e sviluppo siamo ancora agli inizi. Infatti, è solo da qualche anno che i sistemi informatici utilizzati per la gestione dei dati clinici e pre-clinici vengono introdotti nei nostri processi con un’analisi di rischio e di criticità per la valutazione delle necessità di convalida o meno.
La spinta è dovuta essenzialmente a due fattori esterni: gli ispettori italiani, che sono chiamati all’armonizzazione delle procedure ispettive nonché a garantire il livello di qualità accettabile globalmente, e i “competitor” internazionali, che intervengono sul business, generando forze selettive ed evolutive nell’ambito delle nostre organizzazioni.
Le aziende farmaceutiche italiane si devono oggi confrontare con altissimi livelli di competitività ed è, pertanto, essenziale che le attività per affrontare tali implementazioni tengano debitamente in conto la necessità di adottare strategie più innovative possibili, dove gli elementi di razionalizzazione degli sforzi siano adeguatamente pianificati e gestiti.
A questi principi si ispira la mia attività con la speranza di poter dare un contributo lavorando con impegno e costanza, affinché il concetto di convalida non venga più concepito come mero formalismo regolatorio, bensì come arma vincente per un “Management” moderno.